- 7 Dicembre 2018
- Posted by: Infinity Martial System (IMS)
- Categoria: Approfondimenti

Nello scorso articolo uscito in questo nostro nuovo IMS JOURNAL (www.infinitymartialsystem.it/eredi-di-bruce-lee/), abbiamo parlato di quattro personaggi esistenti nel panorama marziale attuale. Li abbiamo descritti come evolutori, ovvero come profondi interpreti del pensiero sperimentale del Jeet Kune Do di Bruce Lee. Che non si ferma al già dato, che non ha paura di partire, seppur solidamente, dalla tradizione del Wing Chun e del Jeet Kune Do più classico per integrarvi quel che ritiene necessario. Questi quattro personaggi, con i loro “nuovi” sistemi di combattimento non regolamentato, sono Mark Stas e il suo Wing Flow System, Giuseppe De Rosa e il suo Infinity Martial System (IMS), Victor Gutierrez e il Wing Fight Revolution, Serrano e Norman e il Keysi Fighting Method (KFM).
Ma a prescindere dal nome e dal sistema, per quale motivo un “evolutore” dovrebbe credere che sia necessario cambiare qualcosa in un sistema di combattimento non-regolamentato? La risposta è la stessa che diede origine al Jeet Kune Do, quando Bruce Lee si rese conto che un wing chun-man classico faticava molto a gestire un pugile formato nella boxe occidentale: l’inatteso. Ciò davanti a cui ci si ritrova impreparati.
In un mondo in cui è tutto veloce e immediato, reso disponibile da internet e i nuovi media, basta aprire un video per vedere altri stili di arti marziali, aggressioni in strada, raptus omicidi, rapine, incontri di MMA e altri sport da combattimento. In un mondo “in-mediato”, quindi, non c’è più bisogno di cadere dal pero davanti a un lottatore o a un pugile di Seattle o Oakland, dopo essersi appena trasferiti in America da Hong Kong. Per farsi le domande giuste, Bruce Lee è dovuto emigrare. A noi basta saper guardare, a patto però di non fermarsi al mero sguardo: una cosa è farsi una domanda, seppur giusta o migliore, tutt’altra è trovarvi una risposta.
Per quest’ultima serve la pratica. Ma quale pratica? Quella del confronto. Non intendo un banale “fare a botte”, ma proprio una pratica del confronto marziale a cui al combattere seguano messe in discussioni e coraggio nell’affrontare un cambiamento.
Sifu Gutierrez parla di endogamia tecnica quando un sistema di combattimento si allena a difendersi da un avversario che pratica soltanto il suo stesso sistema (https://www.kungfulife.net/blog/jeet-kune-do-quel-suo-errore-diffuso/). La tipica situazione del chi sao nel Wing Chun: funziona se anche l’altro fa chi sao, ma con un pugile o un lottatore greco-romano si fa molta fatica. Un sistema tecnicamente “endogamico” è quindi un sistema chiuso al confronto. Non importa se si fa sparring tutti i giorni: è comunque un confronto chiuso. Lo sparring non basta: bisogna farlo tenendo presente che l’avversario potrebbe adottare qualsiasi scelta.
Quando una persona combatte, può farlo sostanzialmente in due modi. Può combattere per istinto, avendolo imparato sulla strada. Magari è un rissaiolo e quindi ci sa fare, ma avrà schemi motori non molto tecnici (in senso canonico), si baserà molto sull’adrenalina e sull’aggressività più che su strategie da guerriero. Oppure può essere un combattente “studiato”, un marzialista. Un uomo da ring. Uno stratega.
In ognuno dei due casi, comunque, è statisticamente molto più probabile che, se qualcuno vuole colpirci, tenterà di farlo alla testa. Se osservate gli incontri delle discipline da ring basate sullo striking, vedrete che la maggior parte dei KO avvengono per colpi al viso. È inoltre difficilissimo che un malintenzionato (disarmato) cerchi di colpirvi al corpo: tenterà quasi sicuramente di darvi un colpo in faccia.
https://www.youtube.com/watch?v=a6eixztAj74
Per questa ragione, a mio avviso, tutti e 4 gli “evolutori” che ho citato in apertura hanno volontariamente alzato la guardia, rispetto al classico wu sao-man sao che vedete fare a Ip Man. «Alzato» quindi letteralmente la guardia: le braccia sono proprio più alte. Si somiglia molto di più a combattenti di MMA o pugili che a praticanti di Kung Fu tradizionale.
https://www.youtube.com/watch?v=xg4EJTHlwas
Nell’ IMS, in particolare, il tan sao è stato sdoppiato in alto e basso. Quello basso gestisce gli attacchi esterni al livello dello sterno, come nel Wing Chun. Quello alto, però, protegge la testa. In questo somiglia molto alle figure che “disegna” Mark Stas con i suoi gomiti, alle protezioni di Gutierrez e al pensador del Keysi. La funzione del tan sao alto nell’ Infinity Martial System è quella onnipresente del non farsi colpire la testa perché si è estremamente consapevoli che, se la coperta fosse troppo corta, sarebbe meglio prendersi un colpo all’addome rispetto che al viso. Certo, lo sappiamo: montante del pugile al fegato è devastante e taglia il fiato. Ma, oltre ad essere statisticamente meno probabile in un combattimento non-regolamentato, l’addome potete allenarlo a rinforzarsi: addominali e condizionamento. Come tutti i fighters sanno, una buona “corazza” addominale è utile in questo. Un colpo al viso, invece, lo incasseremo diversamente: non ci sono modi per allenare i muscoli della faccia come fossero addominali, e un colpo preso in viso facilmente ci farà perdere il contatto visivo con l’avversario. Un gran gancio ci gira la testa, letteralmente ma anche in metafora: la scatola cranica contiene il cervello, che dopo un colpo del genere farà i suoi bei sobbalzi.
https://www.youtube.com/watch?v=99pZoB0EYUU
Quindi cosa faccio? Nell’ IMS mi prendo i montanti? Nemmeno per sogno: non più di quanti ne prenderei nella boxe. La scelta del Maestro De Rosa è basata sulla priorità, non sul masochismo: se la coperta della guardia fosse troppo corta, meglio un pugno al corpo che in faccia. Ma la difesa dai montanti sono i gomiti, come già sanno i bravi pugili. La rottura con il Wing Chun, qui, sta nel fatto che i colpi al corpo non vengono più gestiti con il goang sao, la parata bassa che vedete diffusa anche nel Kung Fu e nel Karate. Questa scelta si basa sul fatto che abbassare le mani significa esporsi facilmente ad una tipica finta “tysoniana”, per cui quando il nostro avversario colpisce sotto e poi sopra ci troviamo il nostro goang sao in basso e il suo pugno in pieno viso.
https://www.youtube.com/watch?v=xqzxNti3O68
Certo, se praticate in maniera tecnicamente “endogamica” non dovrete preoccuparvi delle finte di un pugile o delle prese di un lottatore: il goang sao funzionerà contro un cham sao al corpo e il vostro chi sao sarà perfetto. I problemi sorgono quando arriva l’inatteso che non si è preparati a gestire.
Gli “evolutori” vengono spesso considerati presuntuosi perché pretenderebbero di fondare nuovi stili. Ma a ben vedere, accettare che esista qualcosa che non si sa fare, l’inatteso che non si è preparati a gestire, è invece uno spogliarsi di quello stesso orgoglio di cui viene tacciata la loro — presunta — presunzione. Presunzione che, spesso, si ritrova invece proprio come conseguenza dell’ingenua, e ancora presunta, infallibilità di molti sistemi tecnicamente endogamici tradizionali.
Mark Bonifati
BIBLIOGRAFIA MINIMA:
– Gutierrez, Victor, The Wing Revolution, Budo International Magazine N° 62, 2006.
– Lèvi-Strauss, Claude, Le strutture elementari della parentela, Feltrinelli, Milano, 2003.